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ISTRUZIONI COMUNI AI MODELLI 750/A E 750/B

• LE NOVITÀ DELLA DISCIPLINA DEL REDDITO D'IMPRESA

La disciplina del reddito d'impresa ha subìto importanti modifiche conseguenti all'emanazione, nel corso del 1995, dei seguenti provvedimenti:

- il D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito dalla L. 22 marzo 1995, n. 85 (riguardante misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica e per l'occupa-zione delle aree depresse);

- L. 28 dicembre 1995, n. 549 (riguardante misure di razionalizzazione della finanza pubblica).

1. Contributi o liberalità [art. 55, comma 3, lett. b), del Tuir]

A seguito delle modifiche recate all'art. 55, comma 3, lett. b), del Tuir dall'art. 3, comma 103, lett. a), della L. n. 549 del 1995, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data del 20 agosto 1994, la riserva nella quale sono stati accantonati i proventi incassati a titolo di contributo o di liberalità può essere utilizzata per la copertura delle perdite di esercizi anche diversi da quello nel corso del quale i proventi stessi sono stati percepiti.

Si ricorda, altresì, che a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della citata L. n. 549 i contributi spettanti a norma di legge esclusivamente in conto esercizio anche se erogati da soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici, sono considerati ricavi; ciò per effetto delle modifiche recate dall'art. 3, comma 103, lett. a), della L. n. 549 del 1995, all'art. 53, comma 1, lett. f), del Tuir.

Tale modifica normativa non riguarda quindi i contributi della specie erogati nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla suddetta data, per i quali rimane applicabile la disciplina recata dall'art. 55, comma 3, lett. b), del Tuir.

2. Immobilizzazioni finanziarie [art. 54, comma 4, del Tuir]

L'art. 3, comma 106, della L. 28 dicembre 1995, n. 549, ha chiarito che agli effetti dell'applicazione delle disposizioni del secondo periodo del comma 4 dell'art. 54 del Tuir, che consente la rateizzazione delle plusvalenze conseguite, si considerano immobilizzazioni finanziarie iscritte come tali in bilancio anche le partecipazioni figuranti nei bilanci redatti secondo le disposizioni del codice civile vigenti anteriormente alle modifiche apportate dal decreto legislativo n. 127 del 1991, la cui natura di immobilizzazioni emergeva in modo inequivocabile dalle indicazioni dei bilanci stessi o da altri elementi certi e precisi della contabilità.

3. Ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria [art. 67, comma 8, del Tuir]

La disposizione dell'art. 67, comma 8, del Tuir, dopo le modifiche recate dall'art. 3, comma 103, lett. c), della L. 28 dicembre 1995, n. 549, prevede che le quote di ammortamento dei beni concessi in locazione finanziaria sono determinate nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario. Tale disposizione si applica per i beni consegnati a decorrere dal periodo di imposta per il quale il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente alla data di entrata in vigore della citata L. n. 549 del 1995. Per i beni consegnati in periodi di imposta precedenti a quello predetto sono fatti salvi, tuttavia, gli effetti derivanti dall'applicazione del menzionato criterio che prevede la deduzione di quote di ammortamento finanziario.

In dipendenza della predetta modifica, inoltre, deve ritenersi che per i beni consegnati in esercizi precedenti a quello di prima applicazione, l'impresa possa, con riguardo a tutti i beni concessi in locazione, computare le quote di ammortamento secondo il piano di ammortamento finanziario. In tal caso il maggior importo complessivamente dedotto negli esercizi precedenti rispetto a quello deducibile secondo il piano di ammortamento finanziario dovrà concorrere a formare il reddito nel periodo di imposta di prima applicazione della norma in esame.

Si ricorda che, ai fini del computo della base su cui si applicano le percentuali previste dall'art. 71 del Tuir, come modificato dall'art. 3, comma 103, lett. d), della stessa L. n. 549 del 1995, è consentito considerare anche i crediti impliciti sui contratti per i quali l'ammortamento è effettuato con il criterio finanziario.

4. Spese di pubblicità, propaganda e rappresentanza [art. 74, comma 2, del Tuir]

La disciplina della deducibilità delle spese di pubblicità e propaganda e di quelle di rappresentanza di cui al comma 2 dell'art. 74 del Tuir è stata modificata dall'art. 3, comma 93, della L. n. 549 del 1995.

In particolare, la deduzione delle spese di pubblicità e propaganda può essere effettuata per l'intero importo nell'esercizio di sostenimento ovvero, in quote costanti, nell'esercizio stesso e nei quattro successivi (e non più nei due successivi). Analogamente le spese di rappresentanza sono deducibili nella misura di un terzo del loro ammontare, in quote costanti, nell'esercizio di sostenimento e nei quattro successivi (e non più nei due successivi).

Tali modifiche normative trovano applicazione per le spese sostenute a decorrere dal 1995.

5. Imposte sostitutive su riserve e fondi in sospensione d'imposta di cui all'art. 22 del D.L. n. 41 del 1995

Il D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito dalla L. 22 marzo 1995, n. 85, ha introdotto una disciplina speciale e temporanea, per l'affrancamento delle riserve e dei fondi in sospensione dall'Irpef o Irpeg e dall'Ilor mediante assoggettamento a imposta sostitutiva. In particolare, ai sensi dei commi 1, 2 e 4 dell'art. 22 del citato provvedimento possono essere assoggettati ad imposta sostitutiva:

le riserve e i fondi in sospensione di imposta, ad esclusione di quelli per i quali e' previsto l'obbligo del reinvestimento, nella misura del 20%;

i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi della L. n. 408 del 1990 e della L. n. 413, del 1991, nella misura del 3%;

la differenza tra il valore delle azioni o quote ricevute a seguito dei conferimenti agevolati effettuati ai sensi dell'art. 34 della L. n. 576 del 1975 e dell'art. 10 della L. n. 904 del 1977 e delle operazioni di concentrazione previste dall'art. 79 della L. n. 742 del 1986 e il loro costo fiscalmente riconosciuto, nella misura del 20%. In tal caso si considerano assoggettate ad imposta, per l'ammontare corri-spondente alla predetta differenza, al netto dell'imposta sostitutiva, le riserve e i fondi costituiti a fronte dei maggiori valori iscritte in sede di conferimento.

Il comma 8 dell'art. 22 ha aggiunto un periodo al comma 1 dell'art. 27 della L. 23 dicembre 1994, n. 724 il quale prevede che la fusione tra società che hanno posto in essere un conferimento ai sensi dell'art. 34 della L. n. 576 del 1975, dell'art. 10 della L. n. 904 del 1977 e dell'art. 79 della L. n. 742 del 1986 non costituisce realizzo della plusvalenza ancora in sospensione d'imposta a condizione che detta plusvalenza trovi evidenza in una riserva che concorre a formare il reddito dell'esercizio nella misura in cui la riserva stessa sia utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite. Al riguardo si precisa che nel caso in cui la società incorporante, già conferente, abbia costituito una riserva o fondo a fronte dei maggiori valori iscritti in sede di conferimento ancora sussistente al momento della fusione, l'obbligo richiesto dalla norma si considera adempiuto anche nel caso in cui la riserva stessa sia stata imputata a capitale.

Il successivo comma 9 del medesimo art. 22 detta un'apposita disciplina, agli effetti in questione, per il trattamento delle fusioni tra conferente e conferitaria poste in essere in esercizi precedenti a quello in corso alla data del 24 febbraio 1995. Tale norma stabilisce che la plusvalenza in sospensione d'imposta non si considera realizzata a condizione che la stessa risulti evidenziata in apposita riserva nel bilancio relativo all'esercizio in corso alla predetta data e che tale riserva può essere assoggettata ad imposta sostitutiva ai sensi del comma 1 dell'art. 22.

Anche in tal caso, l'onere di costituzione della riserva si considera adempiuto qualora detta riserva risulti già esistente ancorché imputata a capitale.

L'applicazione delle imposte sostitutive va richiesta dal contribuente con l'apposito modello approvato con il decreto ministeriale del 28 agosto 1995, pubblicato nella G. U. n. 208 del 6 settembre 1995, che va allegato alla dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in corso alla data del 24 febbraio 1995.

Le imposte sostitutive vanno versate in unica soluzione entro il 20 dicembre 1995 oppure a richiesta del contribuente in tre rate:

- entro il 20 dicembre 1995, per il 50% di quanto dovuto;

- entro il 31 gennaio 1996, per il 25% di quanto dovuto;

- entro il 30 aprile 1996, per il residuo 25%.

In caso di versamento rateale le ultime due rate devono essere maggiorate degli interessi in misura pari al 9% annuo.

In proposito si precisa che gli interessi vanno versati congiuntamente all'importo delle rispettive rate, che, nel modello per la richiesta di applicazione delle imposte sostitutive, vanno indicate senza gli interessi dovuti su ciascuna di esse.

6. Perdite di impresa (per le società semplici e soggetti equiparati)

Il comma 3 dell'art. 8 del Tuir, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 29, comma 1, lett. b), del D.L. n. 41 del 1995, disciplina la deduzione delle perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali e dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice ed equiparate, che non sono determinate a norma dell'art. 79 (considerate autonomamente dal comma 1 dell'art. 8), prevedendo che le stesse sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nel periodo di imposta e, per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto per l'intero importo che trova capienza in essi.

Lo scopo della norma è di evitare la compensazione delle perdite di impresa in contabilità ordinaria con redditi diversi da quelli di impresa.

Per una migliore comprensione del meccanismo di compensazione delle perdite d'impresa in contabilità ordinaria si fa rinvio a quanto riportato al punto 4 del Paragrafo 3 - Istruzioni comuni al Quadro 740/F e al Quadro 740/G.

7. Svalutazioni e perdite sui crediti (per gli enti creditizi e finanziari)

L'art. 71 del Tuir, come modificato dall'art. 3, comma 103, lett. d), della L. 28 dicembre 1995, n. 549, prevede ora due distinti meccanismi di deducibilità delle svalutazioni dei crediti e degli accantonamenti ai fondi per rischi su crediti nonché delle perdite sui crediti stessi:

- ai commi 1 e 2 sono disciplinati i criteri applicabili da parte dei soggetti diversi dagli enti creditizi e finanziari, con riguardo ai quali il predetto art. 3 non ha recato alcuna modifica;

- ai commi 3, 4 e 5 sono disciplinati i nuovi criteri applicabili da parte degli enti creditizi e finanziari.

In particolare per gli enti creditizi e finanziari le svalutazioni dei crediti operate in bilancio a diretta riduzione del valore dei crediti sono deducibili, in ciascun esercizio entro il limite dello 0,50% dell'ammontare complessivo dei crediti risultanti in bilancio - assunto al lordo delle svalutazioni stesse - e per l'eccedenza, in quote costanti nei sette esercizi successivi. Si precisa, tuttavia, che le svalutazioni operate in bilancio si considerano - fino a concorrenza dei relativi importi - fiscalmente compensate con le eventuali rivalutazioni dei crediti operate nello stesso esercizio. Pertanto, ai fini del descritto meccanismo di deduzione, l'importo delle svalutazioni così dedotte vale a dire compensate con le predette rivalutazioni, non concorre a formare la base di considerazione del limite dello 0,50%.

Per il primo periodo di applicazione delle predette disposizioni, che è quello per il quale il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente alla data di entrata in vigore della L. n. 549 del 1995, il limite dello 0,50% è commisurato al valore nominale o di acquisizione dei crediti.

Tra le svalutazioni si comprendono anche quelle riferibili a categorie omogenee di crediti operate su base forfetaria.

Nel caso in cui in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni non raggiunga il predetto limite dello 0,50%, sono ammessi in deduzione gli accantonamenti ad apposito fondo di copertura dei rischi su crediti costituito in conformità a disposizioni di legge, fino a concorrenza del limite testé citato. Tali accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5% del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

La nuova disciplina comporta che il valore di bilancio dei crediti assume rilevanza anche ai fini fiscali. Pertanto, nel caso in cui un credito sia incassato per un importo superiore a quello di iscrizione in bilancio, l'eccedenza concorrerà a formare il reddito dell'esercizio. Le perdite sui crediti svalutati, calcolate con riferimento al valore di bilancio, concorrono a formare il reddito per la sola parte che eccede l'ammontare del fondo per rischi eventuali sui crediti costituito con accantonamenti dedotti nonché dell'importo del fondo rischi bancari generali o del fondo rischi finanziari generali, per la parte riveniente dalla riclassificazione del fondo di copertura per rischi su crediti, come consentito dall'art. 42, comma 2, del decreto legislativo n. 87 del 1992.

Il descritto meccanismo di determinazione delle perdite deducibili si applica anche in relazione ai crediti appartenenti a categorie omogenee svalutabili su base forfetaria. Tuttavia, qualora l'ammontare delle svalutazioni complessive operate su base forfetaria venga considerato come indistintamente riferibile alla totalità dei crediti compresi nella categoria, le perdite - da calcolarsi con riguardo al valore dei crediti al lordo delle svalutazioni - vanno previamente imputate a riduzione del suddetto ammontare delle svalutazioni complessive e, per l'eventuale eccedenza, concorrono a formare il reddito per la sola parte che ecceda l'ammontare del fondo per rischi eventuali sui crediti costituito con accantonamenti dedotti nonché dell'importo del fondo rischi bancari generali o del fondo rischi finanziari generali per la parte riveniente dalla riclassificazione del fondo di copertura per rischi su crediti, come consentito dall'art. 42, comma 2, del decreto legislativo n. 87 del 1992.

La nuova disciplina valevole per gli enti creditizi e finanziari si applica a decorrere dal periodo di imposta per il quale il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi scade successivamente alla data di entrata in vigore della citata L. n. 549 del 1995 e, quindi, nel caso di esercizio coincidente con l'anno solare, dal 1995.

Apposite disposizioni transitorie sono dettate dai commi 107 e 108 dell'art. 3 della L. n. 549 del 1995.

In particolare, il comma 107 del citato art. 3 stabilisce, anzitutto, che il valore dei crediti iscritto nel bilancio relativo al periodo di imposta anteriore a quello di prima applicazione della nuova disciplina è rilevante anche ai fini fiscali. La stessa norma dispone, inoltre, che la differenza tra il valore nominale o di acquisizione dei crediti e il valore cui i crediti stessi risultavano iscritti nel bilancio del suddetto esercizio - ridotta di un importo pari all'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti già ammessi in deduzione nei periodi di imposta anteriori a quello di decorrenza della nuova disciplina - è deducibile, in nove quote costanti a partire da tale periodo di imposta.

Naturalmente, la circostanza che per i crediti pregressi si assume come valore fiscale rilevante quello iscritto nel bilancio dell'esercizio precedente a quello di prima applicazione della disciplina, comporterà che le successive vicende relative a tali crediti (svalutazioni, riprese di valore, perdite e sopravvenienze dipendenti dall'incasso) andranno trattate in base ai nuovi criteri introdotti a regime.

In alternativa a quanto previsto dal menzionato comma 107, è data facoltà, ai sensi del successivo comma 108, di optare per la deduzione delle perdite su crediti di cui all'art. 66, comma 3, del Tuir, limitatamente alla parte che eccede l'ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotto negli esercizi precedenti a quello di prima applicazione della nuova disciplina.

In particolare, le perdite relative ai crediti pregressi continuano ad essere computate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi; con la precisazione, peraltro, che tale valore andrà diminuito delle svalutazioni dedotte dal periodo di imposta di decorrenza della nuova disciplina, le quali, ancorché riferite a crediti già esistenti, sono deducibili in base ai nuovi criteri.

In pratica, le perdite relative a detti crediti, da computare con riferimento al valore nominale o di acquisizione, ridotto delle svalutazioni effettuate in base alle nuove disposizioni, potranno essere dedotte soltanto per la parte che eccede l'ammontare delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti in applicazione della precedente normativa.

In caso di applicazione del comma 108 la rivalutazione dei crediti pregressi nonché le sopravvenienze attive derivanti dall'incasso dei crediti stessi ad un valore superiore a quello di bilancio non rilevano ai fini fiscali, anche per l'applicazione del comma 3, fino a concorrenza delle svalutazioni non dedotte.

L'opzione deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della L. n. 549 del 1995. Essa non è revocabile e deve riguardare l'ammontare complessivo delle svalutazioni non dedotte.

Si abbia ad esempio la seguente situazione, riguardante l'applicazione dell'art. 3, comma 108:

Crediti pregressi (al 31 dicembre 1994), di cui:

Credito A val. nom 6.000

Credito B val. nom. 4.000

Credito C val. nom. 1.500

TOTALE 11.500

Credito A val. bil. 5.500

Credito B val. bil. 3.400

Credito C 200

TOTALE 9.100

Svalutazioni complessive 2.400

di cui:

Svalutazioni dedotte 500

Svalutazioni non dedotte 1.900

Ipotizzando che nel corso del 1995 si verifichi l'incasso dei crediti A e B, rispettivamente per 5.000 e 3.200, si avrà una deduzione fiscale per complessive 1.300, di cui:

- 700, imputate a conto economico dell'esercizio;

- 600, costituita dalla quota delle perdite eccedenti le svalutazioni e gli accantonamenti dedotti in precedenza, da indicare in dichiarazione tra le variazioni in diminuzione.

8. Rimborsi per trasferte [art. 62, comma 1-ter, del Tuir]

Ai sensi dell'art. 62, comma 1-ter, del Tuir., introdotto dall'art. 33 del D.L. n. 41, le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate, successivamente al 24 febbraio 1995, fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore a £ 350.000; il predetto limite è elevato a £ 500.000 per le trasferte all'estero.

Al riguardo è opportuno precisare che il limite di deducibilità si riferisce esclusivamente ai rimborsi a piè di lista. Inoltre, qualora l'alloggio venga fornito gratuitamente, ai fini del computo del predetto limite, si deve tener conto dei costi specifici sostenuti dal datore di lavoro per i servizi di alloggio. Tali costi specifici potranno essere portati in deduzione, nel predetto limite massimo giornaliero, soltanto per i giorni di effettiva trasferta effettuata nell'anno. Rimangono pertanto indeducibili i costi specifici relativi ai giorni di mancato utilizzo dei predetti alloggi destinati a dipendenti in trasferta.

Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, iniziata, successivamente al 24 febbraio 1995, è consentito portare in deduzione dal reddito d'impresa un importo non superiore al costo di percorrenza o a quello risultante dall'applicazione delle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 o 20 cavalli fiscali, se con motore diesel. Tale disposizione, che non si applica agli autoveicoli aziendali, esplica effetti anche nelle ipotesi in cui il dipendente o il collaboratore sia stato autorizzato ad utilizzare il proprio autoveicolo o un autoveicolo preso a noleggio per una specifica trasferta all'estero ovvero sia stato noleggiato un autoveicolo con il conducente. Ai fini della quantificazione dei predetti costi di percorrenza si deve fare riferimento alla media dei costi delle suddette autovetture appositamente calcolata dall'Automobile Club d'Italia ovvero, nelle ipotesi di noleggio, alla media delle tariffe di noleggio in corso di predisposizione. Per memoria ricordiamo che le istruzioni al Mod. 770/A, punto 24, precisano che nell'ammontare lordo rientrano anche i rimborsi a piè di lista e le indennità di trasferta non eccedenti i limiti di franchigia.

9. Trasferimento di sede all'estero [art. 20-bis del Tuir]

Con l'introduzione nel Tuir dell'art. 20-bis (articolo inserito dall'art. 30 del D.L. 23.2.95, n. 41), è stato chiarito che il trasferimento all'estero della residenza o della sede dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. Tale disposizione si applica anche se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzati, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all'estero.

I fondi in sospensione d'imposta, inclusi quelli tassabili in caso di distribuzione, iscritti nell'ultimo bilancio prima del trasferimento della residenza o della sede, sono assoggettati a tassazione nella misura in cui non siano stati ricostituiti nel patrimonio contabile della stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.

Autotrasportatori - Deducibilità interessi passivi

Il D.L. 20.2.96, n. 67, art. 2, comma 1, prevede che il credito d'imposta erogato agli autotrasportatori c/terzi in forza del D.L. 90/90 e successivi rifinanziamenti e che già non concorre alla formazione del reddito imponibile, non va considerato ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi di cui all'art. 63 del Tuir e, per il rinvio fatto a questa disposizione dall'art. 75 del Tuir, delle spese generali. La citata disposizione del D.L. 67/96 ha valore interpretativo e pertanto è applicabile per tutti i periodi di imposta interessati dal credito in argomento.