APPROFONDIMENTO
4
(versione
pdf. )
2. Analisi delle disposizioni che hanno introdotto la prova legale del valore normale.
4. Efficacia dell’abrogazione del valore normale per i procedimenti ancora in corso
5. Imposta di registro sugli atti diversi da quelli soggetti alla regola del prezzo-valore
6. Eliminazione del riferimento al valore normale nell’ambito delle imposte sui redditi
E’ importante da subito sottolineare che il riferimento al valore normale per giustificare un accertamento del reddito o dell’Iva è stato da subito contrastato dalla CNA, proprio con riferimento alle motivazioni che hanno condotto adesso all’abrogazione delle disposizioni (cfr. Com. trib. 15 marzo 2007, n. 23 e Com. trib. 7 agosto 2007, n. 75).
Nei paragrafi che seguono si vogliono mettere in risalto gli effetti concreti più marcatamente per le imprese edili o, comunque, per tutte le imprese che hanno l’occasione di effettuare la cessione di un immobile detenuto in regime d’impresa.
Con l’emanazione dell’art. 35 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si è assistito ad un radicale ripensamento delle regole sull’accertamento riferite alla compra-vendita di beni immobili, sia essa effettuata da privati nei confronti di imprese, sia effettuata da imprese nei confronti di privati. In effetti, nei confronti del soggetto che cede l’immobile, si è voluto prescindere dal valore dichiarato nell’atto, conferendo la possibilità di fondare l’accertamento anche sulla base del valore normale ovvero del valore venale del bene immobile:
- ai fini IVA (cfr. abrogazione dell’art. 15 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, ed inserimento dell’ultimo periodo nell’art. 54, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633);
- ai fini delle imposte sui redditi (cfr. inserimento dell’ultimo periodo nell’art. 39, primo comma, lett. d, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600);
- ai fini dell’imposta di registro (tramite l’eliminazione dell’applicazione dell’art. 52, comma 4, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, T.U.I.R.).
Unica eccezione a tale regola risulta essere la cessione di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze disciplinata dall’art. 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge Finanziaria 2006) realizzata in favore di privati, ossia tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, a condizione che la parte acquirente richieda al notaio rogante l’identificazione della base imponibile con il valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo pattuito. Appare opportuno sottolineare che lo stesso art. 35, comma 21, lett. a), del D.L. n. 223/2006 in questo caso ha disposto l’obbligo per le parti, nelle ipotesi in cui si renda applicabile il criterio del “prezzo valore”, di indicare comunque nell’atto il corrispettivo pattuito.
In sostanza, il D.L. n. 223/2006 aveva ampliato i poteri di rettifica degli Uffici, consentendo loro di effettuare accertamenti presuntivi semplificati fondati sul valore normale, anche nel campo dell’IVA e delle imposte sui redditi, abbandonando, quindi, il sistema della preventiva determinazione catastale del valore nel comparto dell’imposta di registro per tornare al concetto della rettifica sulla base del valore venale, fatto salvo il caso in cui si acceda al sistema del prezzo valore, avendone i requisiti (vedi infra).
a cura di Claudio Carpentieri - Ufficio Politiche Fiscali
(CC/cc/val_normale)
[1] Per le aree fabbricabili, invece, si dovevano prendere in considerazione le determinazioni di valore eventualmente adottate dai Comuni con proprio decreto, come disposto dall’art. 52 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (cfr. circolare 6 febbraio 2007, n. 6/E).
[2] Questi problemi di costituzionalità e di contrarietà alla direttiva comunitaria delle disposizioni hanno indotto il Consiglio nazionale del Notariato nello studio n. 152-2006/T, a conferire alle disposizioni un connotato probatorio ridotto rispetto a quello che emergerebbe dalla mera lettura delle disposizioni. Secondo il Notariato, infatti, le disposizioni devono avere una natura di prova legale relativa - juris tantum -, considerandole solamente di natura procedurale. In altri termini il contribuente deve avere la possibilità di dimostrare che il valore effettivo di scambio non sia quello preteso dall’Amministrazione finanziaria, secondo la valutazione a valore normale.
[3] In maggior dettaglio vedi l’art. 24, comma 3, lett. f), e comma 5 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge Comunitaria 2008).
[4] In particolare è stata la stessa Amministrazione finanziaria che nella fase di introduzione delle disposizioni ora abrogate ha sottolineato che si tratta di disposizioni procedurali e, come tali, applicabili anche con riferimento a fatti pregressi (cfr. circolare 16 febbraio 2007, n. 11/E, par. 12.4).
[5] Cfr. C.M. 10 luglio 1998, n. 180/E.
[6] Art. 1, comma 497, della Finanziaria 2006. E’ bene ricordare che l’originario ambito di applicazione della norma della regola del prezzo valore è stato modificato nel corso del tempo. Infatti, nella prima versione della disposizione, cioè prima delle modifi-che operate dall’art. 1, comma 309, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge Finanziaria 2007), in vigore dal 1° gennaio 2007, la logica del prezzo valore si rendeva applicabile solamente nelle ipotesi in cui sia acquirente che venditore erano persone fisiche (vedi infra).
[7] Circolare
n. 6/E del 2006, cit. In particolare, il comma 309 dell’art. 1 della
medesima legge ha sostituito nel comma 497, art. 1, della Finanziaria 2006 e
successive modificazioni, le paro-le “per le sole cessioni fra persone
fisiche” con “e fatta salva l’applicazione dell’art. 39, comma 1,
lett. d), ultimo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, per le sole cessioni nei
confronti di persone fisiche”.