APPROFONDIMENTO 4   (versione pdf. )                                                                             

                 

 Roma, 18 settembre 2009

                                                                                

 

Oggetto: Accertamento di valore su compravendita immobili – applicazione del valore normale – abrogazione – effetti e conseguenze sui procedimenti in corso.

 

 

 

Sommario

1. Premessa.

2. Analisi delle disposizioni che hanno introdotto la prova legale del valore normale.

3. Sospetti di incostituzionalità e non compatibilità con la direttiva IVA che hanno condotto ad abrogare la norma.

4. Efficacia dell’abrogazione del valore normale per i procedimenti ancora in corso  

5. Imposta di registro sugli atti diversi da quelli soggetti alla regola del prezzo-valore 

6. Eliminazione del riferimento al valore normale nell’ambito delle imposte sui redditi


1. Premessa

A partire dal 29 luglio 2009, l’Amministrazione finanziaria non può più fondare una rettifica dei ricavi dichiarati, come pure del valore aggiunto soggetto ad IVA relativo alla cessione di un bene immobile, ovvero di un diritto di godimento dei medesimi, solo sulla base della differente valutazione commerciale dell’immobile, ossia sul cd. “valore normale”. La rettifica può essere effettuata, ma, come avveniva in precedenza, solamente sulla base di prove documentali o anche presunzioni semplici, qualificate però dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, da valutare caso per caso. Sono queste le importanti novità apportate dall’articolo 24 della legge Comunitaria 2008. Le modifiche, tuttavia, non interessano anche l’imposta di registro. Pertanto, nell’ambito di tale imposta indiretta resta confermata l’impossibilità di fare riferimento al valore catastale, sebbene limitatamente alle cessioni di beni immobili e relative pertinenze diversi da quelli soggetti alla cd. regola del prezzo-valore, comunque confermata.

E’ importante da subito sottolineare che il riferimento al valore normale per giustificare un accertamento del reddito o dell’Iva è stato da subito contrastato dalla CNA, proprio con riferimento alle motivazioni che hanno condotto adesso all’abrogazione delle disposizioni (cfr. Com. trib. 15 marzo 2007, n. 23 e Com. trib. 7 agosto 2007, n. 75).

Nei paragrafi che seguono si vogliono mettere in risalto gli effetti concreti più marcatamente per le imprese edili o, comunque, per tutte le imprese che hanno l’occasione di effettuare la cessione di un immobile detenuto in regime d’impresa. 

2. Analisi delle disposizioni che hanno introdotto la prova legale del valore normale.

Con l’emanazione dell’art. 35 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si è assistito ad un radicale ripensamento delle regole sull’accertamento riferite alla compra-vendita di beni immobili, sia essa effettuata da privati nei confronti di imprese, sia effettuata da imprese nei confronti di privati. In effetti, nei confronti del soggetto che cede l’immobile, si è voluto prescindere dal valore dichiarato nell’atto, conferendo la possibilità di fondare l’accertamento anche sulla base del valore normale ovvero del valore venale del bene immobile:

-          ai fini IVA (cfr. abrogazione dell’art. 15 del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, ed inserimento dell’ultimo periodo nell’art. 54, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633);

-          ai fini delle imposte sui redditi (cfr. inserimento dell’ultimo periodo nell’art. 39, primo comma, lett. d, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600);

-          ai fini dell’imposta di registro (tramite l’eliminazione dell’applicazione dell’art. 52, comma 4, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, T.U.I.R.).

Unica eccezione a tale regola risulta essere la cessione di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze disciplinata dall’art. 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge Finanziaria 2006) realizzata in favore di privati, ossia tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, a condizione che la parte acquirente richieda al notaio rogante l’identificazione della base imponibile con il valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo pattuito. Appare opportuno sottolineare che lo stesso art. 35, comma 21, lett. a), del D.L. n. 223/2006 in questo caso ha disposto l’obbligo per le parti, nelle ipotesi in cui si renda applicabile il criterio del “prezzo valore”, di indicare comunque nell’atto il corrispettivo pattuito.

In sostanza, il D.L. n. 223/2006 aveva ampliato i poteri di rettifica degli Uffici, consentendo loro di effettuare accertamenti presuntivi semplificati fondati sul valore normale, anche nel campo dell’IVA e delle imposte sui redditi, abbandonando, quindi, il sistema della preventiva determinazione catastale del valore nel comparto dell’imposta di registro per tornare al concetto della rettifica sulla base del valore venale, fatto salvo il caso in cui si acceda al sistema del prezzo valore, avendone i requisiti (vedi infra).

3. Sospetti di incostituzionalità e non compatibilità con la direttiva IVA che hanno condotto ad abrogare la norma

Gli Uffici finanziari, al fine di individuare il valore normale del fabbricato, dovevano fare riferimento ai valori indicati nella banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) dell’Agenzia del territorio, dando la priorità a quegli atti in cui risultino indicati valori che si discostano per difetto dalle quotazioni riportate nella predetta banca dati (vedi provvedimento 27 luglio 2007)([1]).

Al fine di mettere in maggior risalto i problemi giuridici legati al riferimento proprio al valore normale, occorre sottolineare che lo stesso Osservatorio ha indicato che le quotazioni sono solamente approssimative. Nella pagina web di accesso alla banca dati, disponibile peraltro gratuitamente solamente in relazione all’ultimo semestre, è, infatti, indicato che “i valori contenuti nella banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del territorio:

-          non possono intendersi sostitutivi della “stima”, ma soltanto di ausilio alla stessa;

-          sono riferiti all’ordinarietà degli immobili con riferimento, in particolare, allo stato conservativo prevalente nella zona omogenea”.

Ribadendo poi che “l’utilizzo delle quotazioni OMI nell’ambito del processo estimale non può che condurre ad indicazioni di valori di larga massima. Pertanto, la stima effettuata da un tecnico professionista rappresenta l’unico elaborato in grado di rappresentare e descrivere in maniera esaustiva e con piena efficacia l’immobile e di motivare il valore da attribuire al bene medesimo”.

Dalle citate affermazioni dell’Osservatorio emerge in modo evidente come le disposizioni abrogate potevano avere un fondato sospetto di incostituzionalità perché, in primo luogo, contrarie all’art. 23 e poi, conseguentemente, all’art. 53 Cost. Senza considerare che nell’ambito dell’IVA la disposizione si presentava contraria alle regole comunitarie. Infatti, nella direttiva comunitaria relativa al sistema comune dell’IVA, per determinare la base imponibile si fa solamente riferi-mento al corrispettivo stabilito dalle parti (cfr. art. 73 della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006). La possibilità di derogare al principio generale in favore del valore normale nell’ambito della direttiva comunitaria sussiste, ma solamente nelle ipotesi di cessioni fatte a familiari o, comunque, a persone vicine al soggetto IVA in cui è forte il sospetto di evasione ed è comunque applicabile solamente dopo aver informato il Comitato IVA CE (cfr. art. 80 della direttiva 2006/112/CE)([2]).

4. Efficacia dell’abrogazione del valore normale per i procedimenti ancora in corso

La possibilità di fondare un accertamento di valore per le compravendite immobiliari solamente sulla base del valore normale così come individuato dall’OMI è venuta meno, sia nell’ambito dell’IVA, sia nell’ambito delle imposte dei redditi. La modifica, molto probabilmente ispirata dai forti dubbi di origine giuridica sopra indicati, è contenuta nell’art. 24 della legge Comunitaria 2008. In particolare la disposizione da ultimo citata([3]) riscrive sia il terzo comma dell’art. 54 del D.P.R. n. 633/1972 sia la lett. d) dell’art. 39, primo comma, del D.P.R. n. 600/1973, eliminando il riferimento al valore normale quale prova sufficiente per legittimare un accertamento di valore per le cessioni di beni immobili effettuate in regime d’impresa. La disposizione di rettifica è chiara e sicuramente si rende applicabile anche con riferimento alle compravendite immobiliari poste in essere prima del 29 luglio 2009 (data di entrata in vigore della legge Comunitaria 2008), trattandosi di una disposizione di evidente natura procedurale([4]). Con riferimento ai procedimenti già avviati alla data di entrata in vigore della norma, si ritiene ci si possa solamente appellare ai problemi giuridici di applicabilità della norma sopra analizzati, ma non all’abrogazione della disposizione che ha valore solamente per i procedimenti avviati successivamente al 29 luglio 2009. In effetti, si ritiene che in queste ipotesi non si possa far riferimento alla regola del favor rei di cui all’art. 3 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, la quale, infatti, si rende applicabile esclusivamente con riferimento alle ipotesi nelle quali viene ad essere eliminata una sanzione ovvero viene ad essere eliminato un obbligo sanzionato o, ancora, vengono ad essere modificate le regole previste per la determinazione della sanzione applicabile([5]). In questo caso la modifica normativa interviene, invece, sulle regole previste per l’accertamento dell’esistenza della violazione, poi sanzionata nell’ambito dei vari tributi a cui si rendeva applicabile (imposte sui redditi e IVA).

5. Imposta di registro sugli atti diversi da quelli soggetti alla regola del prezzo-valore

L’art. 24 della legge Comunitaria 2008 non interviene nell’ambito dell’imposta di registro. Infatti l’applicabilità dell’art. 52, comma 4, del T.U.R., non è stata ripristinata. E’ evidente, tuttavia, che nell’ambito dell’imposta di registro la rilevanza del riferimento al valore venale, ovvero o meglio della impossibilità di escludere l’accertamento di valore, qualora nell’atto si facesse riferimento al valore catastale all’eliminata esclusione dall’accertamento qualora si facesse riferimento al valore catastale era e continua ad essere limitata agli atti diversi da quelli per i quali si rende appli-cabile la regola del prezzo–valore. Infatti, con riferimento agli atti di cessione nei confronti di persone fisi-che che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, si rende applicabile la cd. regola prezzo valore([6]).

Appare utile ricordare che la regola del “prezzo-valore” consente di assumere come base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, il valore catastale. In particolare, l’art. 1, comma 497, della Finanziaria 2006, ha stabilito che per tali cessioni la base imponibile è data dal valore catastale determinato ai sensi dei commi 4 e 5 dell’art. 52 del T.U.I.R., indi-pendentemente dal corrispettivo pattuito, purché l’acquirente ne faccia richiesta, con dichiarazione resa al notaio e recepita nell’atto.

In materia è intervenuto l’art. 35, comma 21, del D.L. n. 223/2006, il quale, proprio al fine di creare un conflitto di interessi tra cedente e cessionario dell’immobile, dispone che il corrispettivo deve essere obbligatoriamente indicato in atto. Inoltre la stessa norma prevede in caso di occultamento, anche parziale, del corrispettivo pattuito, che le imposte di registro e ipocatastali siano dovute sull’intero importo di quest’ultimo e che la sanzione amministrativa vada dal 50 al 100% della differenza tra l’imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’art. 71 del T.U.I.R. In altre parole si è voluto responsabilizzare anche l’acquirente nell’indicazione del corrispettivo reale della compravendita immobiliare, prevedendo delle conseguenze dirette in caso di occultamento parziale del corrispettivo.

Successivamente la legge Finanziaria 2007 ha modificato l’ambito di applicazione della ricordata regola “prezzo-valore”. Infatti, a decorrere dal 1° gennaio 2007, la regola del “prezzo valore” è stata estesa a tutte le compravendite di abitazioni e relative pertinenze soggette all’imposta di registro, nelle quali la sola parte acquirente sia una persona fisica che non agisca nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o pro-fessionali, a differenza del venditore, che può essere indistintamente una persona fisica o giuridica, a condizione che l’acquirente eserciti l’opzione di volersi avvalere della suddetta regola ([7]).

E’ evidente, quindi, che in questi casi il permanere nell’ambito dell’imposta di registro dell’impossibilità di fare riferimento al valore catastale riguarda solamente alcuni atti, cioè quelli che si trovano fuori dell’ambito di applicazione della regola prezzo valore. Si tratta, in particolare delle:

-          cessioni di immobili in cui la parte acquirente sia una persona fisica che agisce nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali;

-          cessioni di immobili in cui l’acquirente non sia una persona fisica;

-          cessioni di immobili nelle quali, pur sussistendo i requisiti oggettivi e soggettivi stabiliti nel comma 497, art. 1, della Finanziaria 2006, non sia stata espressa la dichiarazione di volersi avvalere della regola del “prezzo-valore”;

-          cessioni di terreni;

-          cessioni di fabbricati non abitativi (uffici, negozi, o-pifici, ecc.);

-          cessioni di pertinenze relative a fabbricati non abitativi;

-          cessioni di immobili facenti parte di compendi aziendali;

-          conferimenti in società;

-          divisioni con conguaglio (a mano che non torni ap-plicabile, in presenza di immobili abitativi, la regola del “prezzo-valore”);

-          rinunce a diritti reali immobiliari con efficacia trasla-tiva.

Va sottolineato che gli immobili trasferiti nell’ambito di una cessione di azienda sono suscettibili di accertamento di valore, per effetto del nuovo comma 5-bis dell’art. 52 del T.U.I.R., in quanto rientrano nel novero delle cessioni di immobili diverse da quelle disciplinate dall’art. 1, comma 497, della Finanziaria 2006. Infatti, pur essendo l’azienda una «universitas rerum», ossia un’entità organizzata in un complesso unitario, è legittimo considerare, ai fini della determinazione dell’imposta di registro, la cessione dei beni immobili distintamente da quella degli altri beni, così da applicare le aliquote differenziate previste dalla tariffa, parte prima, del T.U.I.R., e per imputare le passività in proporzione al valore dei vari beni aziendali.

6. Eliminazione del riferimento al valore normale nell’ambito delle imposte sui redditi

Anche se, come sopra indicato, l’art. 24 della legge Comunitaria 2008 non ha un impatto diretto nell’ambito dell’imposta di registro, occorre sottolineare che, con riferimento gli atti di compravendita soggetti alla regola prezzo-valore, l’abrogazione del riferimento al valore normale nell’art. 39, primo comma, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, si ritiene abbia comunque un impatto indiretto sugli atti di compravendita soggetti a tale regola. Occorre, infatti ricordare che proprio la norma che ha istituito la regola prezzo valore (art. 1, comma 497, della Finanziaria 2006) fa salva l’applicazione dell’art. 39, primo comma, lett. d), ultimo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, evidentemente nella versione precedente alle modifiche operate dall’art. 24 della legge Comunitaria, ossia fa salvo il riferimento al valore normale.

Il riferimento poi all’art. 39, primo comma, lett. d), ultimo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, si ritiene, giocava un ruolo fondamentale per rendere applicabile la regola dell’accertamento a valore normale anche con riferimento alle cessioni di immobili effettuate nei confronti di persone fisiche fuori dal regime d’impresa. In altre parole, la disposizione sembrava voler dire che la possibilità di rettificare il valore indicato nell’atto secondo il criterio del valore normale si applica anche con riferimento alle cessioni effettuate fuori dal regime d’impresa, per le quali non potrebbe essere applicato l’art. 39, primo comma, lett. d), ultimo periodo, del D.P.R. n. 600/1973. La possibilità di rettificare il valore di mercato da indicare obbligatoriamente nell’atto di compravendita sulla base del valore normale avrebbe determinato tutte le conseguenze sanzionatorie dirette ed indirette previste nell’ambito della regola prezzo valore (vedi sopra). In altre parole, la possibilità di fare riferimento al valore normale avrebbe consentito di dimostrare che il valore indicato nell’atto non era veritiero, nelle ipotesi nelle quali il valore indicato fosse stato inferiore a quello normale.

Ora è evidente che l’abrogazione proprio dell’ultimo periodo della lett. d) del citato art. 39, ad opera dell’art. 24 della legge Comunitaria 2008, determina anche l’abrogazione tacita del riferimento normativo operato dall’art. 1, comma 497, della Finanziaria 2006 in suo favore.

 

 

a cura di Claudio Carpentieri  - Ufficio Politiche Fiscali

 

(CC/cc/val_normale)



[1] Per le aree fabbricabili, invece, si dovevano prendere in considerazione le determinazioni di valore eventualmente adottate dai Comuni con proprio decreto, come disposto dall’art. 52 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (cfr. circolare 6 febbraio 2007, n. 6/E).

[2] Questi problemi di costituzionalità e di contrarietà alla direttiva comunitaria delle disposizioni hanno indotto il Consiglio nazionale del Notariato nello studio n. 152-2006/T, a conferire alle disposizioni un connotato probatorio ridotto rispetto a quello che emergerebbe dalla mera lettura delle disposizioni. Secondo il Notariato, infatti, le disposizioni devono avere una natura di prova legale relativa - juris tantum -, considerandole solamente di natura procedurale. In altri termini il contribuente deve avere la possibilità di dimostrare che il valore effettivo di scambio non sia quello preteso dall’Amministrazione finanziaria, secondo la valutazione a valore normale.

[3] In maggior dettaglio vedi l’art. 24, comma 3, lett. f), e comma 5 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge Comunitaria 2008).

[4] In particolare è stata la stessa Amministrazione finanziaria che nella fase di introduzione delle disposizioni ora abrogate ha sottolineato che si tratta di disposizioni procedurali e, come tali, applicabili anche con riferimento a fatti pregressi (cfr. circolare 16 febbraio 2007, n. 11/E, par. 12.4).

[5] Cfr. C.M. 10 luglio 1998, n. 180/E.

[6] Art. 1, comma 497, della Finanziaria 2006. E’ bene ricordare che l’originario ambito di applicazione della norma della regola del prezzo valore è stato modificato nel corso del tempo. Infatti, nella prima versione della disposizione, cioè prima delle modifi-che operate dall’art. 1, comma 309, legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge Finanziaria 2007), in vigore dal 1° gennaio 2007, la logica del prezzo valore si rendeva applicabile solamente nelle ipotesi in cui sia acquirente che venditore erano persone fisiche (vedi infra).

[7] Circolare n. 6/E del 2006, cit. In particolare, il comma 309 dell’art. 1 della medesima legge ha sostituito nel comma 497, art. 1, della Finanziaria 2006 e successive modificazioni, le paro-le “per le sole cessioni fra persone fisiche” con “e fatta salva l’applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), ultimo periodo, del D.P.R. n. 600/1973, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche”.