APPROFONDIMENTO 3

 

 Roma, 5 maggio 2009

 

Oggetto: Studi di settore e crisi economica – adeguamento degli studi di settore alla nuova situazione economica del Paese.

 

 

Sommario

 

 

1. Premessa: il percorso di revisione congiunturale degli studi di settore ed il prossimo rilascio di «GERICO».

2. Gli studi di settore come mezzo di protezione da accertamenti induttivi erratici e non uniformi sul territorio nazionale.

3. La mancata congruità agli studi di settore, come mero punto di partenza per la selezione e verifica: la centralità di un contraddittorio tuttavia ancora inefficiente.

4. L’impatto emotivo degli studi di settore rispetto al valore di congruità.

 


 

1. Premessa: il percorso di revisione congiunturale degli studi di settore ed il prossimo rilascio di «GERICO»

Com’è a voi noto il 22 aprile la SOSE, presente l’Agenzia delle entrate e la CNA, collegata su 28 sedi del territorio in web-streaming che ne avevano richiesto il collegamento (cfr Com. trib. 30.03.2009  n. 11 e Com. trib. 16.04.2009  n. 22)([1]) - insieme alle altre quattro Confederazioni dell’Artigianato e del Commercio - ha illustrato gli effetti dei correttivi congiunturali ai ricavi stimati dagli studi di settore per cogliere l’effetto della crisi economica già in atto nel 2008. Si tratta cioè, della rappresentazione degli effetti sulla congruità dei correttivi congiunturali studiati e messi a punto dalla SOSE sugli effetti della crisi sul 2008, dietro suggerimento e contributo fattivo anche della CNA, attraverso la campagna di raccolta delle informazioni, i cui importanti risultati erano stati messi in evidenza durante la videoconferenza del 4 marzo 2009 (cfr Com. trib. 30.03.2009  n. 11). E’ stato cioè messo in evidenza il risultato dei correttivi approvati dalla Commissione Esperti del 2 aprile scorso (cfr Com. trib. 02.04.2009  n. 17).

Costituisce, quindi, una tappa importante del percorso di revisione ed adeguamento di tutti i 206 studi di settore a valere per l’anno 2008, avviato e suggerito anche dalla CNA, già dal 6 novembre 2008, nell’ambito della riunione straordinaria della Commissione Esperti. (vedi documento ufficiale della Commissione esperti)([2]). Esigenza poi ribadita con forza dal Segretario generale Sergio Silvestrini con il Direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, nell’ambito della riunione tenutasi lo scorso 12 febbraio; presenti tutte le associazioni firmatarie il protocollo sugli studi di settore del dicembre 2006 (vedi comunicato stampa congiunto dell’incontro).

E’ bene ribadire, infatti, che il percorso di revisione degli studi di settore, come necessità, è emerso proprio nell’ambito delle riunioni di revisione degli studi di settore, luogo nel quale gli imprenditori, nostri associati, hanno avuto modo di sottolineare sin già dalle prime riunioni avvenute al rientro dalle ferire estive, la gravità e repentinità della crisi. Questo per sottolineare che la rivendicazione dell’inadeguatezza degli studi di settore alla stima dei ricavi relativi al 2008, è stata messa in evidenza da tutte le categorie facenti parte la Commissione degli Esperti per gli studi di settore, non appena si sono appresi i primi dati che evidenziavano la nascita della crisi economica anche nel nostro Paese.

 

Figura n. 1 – Le diverse fasi che hanno condotto alla revisione degli studi di settore

 

Tutte le imprese hanno così la possibilità di confrontarsi già con riferimento all’anno 2008 (cioè con i versamenti del 16 giugno 2009), con un ricavo stimato dagli studi di settore che tiene conto degli effetti della crisi economica, e decidere in modo consapevole il comportamento da adottare nel prossimo adempimento dichiarativo.

Al fine di rendere evidenti gli effetti dei correttivi in termini di riduzione dei ricavi di congruità occorre attendere il rilascio del programma “Gerico”: software, che come vi è altrettanto noto, consente di effettuare il passaggio dai dati strutturali e contabili delle imprese, al ricavo di congruità. Il programma, dovrebbe essere messo a disposizione degli portatori sul sito dell’Agenzia delle Entrate e delle società di software già da questa settimana. Vi segnaliamo che il programma darà indicazioni distinte tra il ricavo stimato che emerge dall’applicazione degli studi di settore validi per il 2008, senza l’effetto dei correttivi,  e l’ammontare di ricavi stimati dopo l’applicazione dei quattro diversi correttivi congiunturali approvati il 2 aprile dalla Commissione Esperti. Sia il funzionamento del programma “GERICO” sia gli effetti dei correttivi sui ricavi di congruità stimati saranno evidenziati in una prossima videocomunicazione, sempre dalla SOSE, e sempre in web-streaming. Sarà nostra cura, come sempre, indicare la data e le modalità di prenotazione con un’ apposita comunicazione tributaria.

 

2. Gli studi di settore come mezzo di protezione fa accertamenti induttivi erratici e non uniformi sul territorio nazionale.

Proprio al fine di meglio comprendere l’azione posta in essere dalla Confederazione, nell’adeguamento degli studi di settore alla nuova situazione di normalità economica nei periodi di crisi economica, si ritiene sia fondamentale ricordare brevemente quali sono stati gli obbiettivi politici che si è inteso raggiungere con l’introduzione degli studi di settore.

E’ vero, infatti, che gli studi di settore sono stati pensati come progetto politico nella metà degli anni ottanta, al fine di risolvere diversi problemi che le imprese avevano all’epoca, nei rapporto con l’amministrazione finanziaria in sede di accertamento:

-                           l’effettuazione di accertamenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria ovvero dalla Guardia di finanza, attraverso metodi induttivi erratici e comunque non strutturati tramite metodi scientifici, ed in ogni modo,  non uniformi sul territorio nazionale;

-                           l’impossibilità delle categorie interessate di intervenire direttamente nella costruzione del metodo induttivo di accertamento utilizzato per la verifica delle PMI;

-                           la possibilità dei contribuenti di difendersi solamente tramite l’instaurazione di un contenzioso, che creava ansia, preoccupazione e, comunque, dispendio di soldi per le imprese;

-                           la presenza di un pregiudizio forte di evasione su tutta la categoria delle imprese,  senza alcuna possibilità di prova contraria, anzi confermato e avvalorato proprio dagli accertamenti erratici e molto spesso totalmente o parzialmente infondati.

Proprio tutti questi fattori hanno creato le spinte alla creazione di un sistema di stima induttiva dei ricavi delle imprese e dei professionisti, a valere su tutto il territorio nazionale, basato su procedure econometriche scientifiche, rimanendo ferma la loro natura di stima dei ricavi e mai di richiesta. Inoltre per evitare che l’unica possibilità di rivendicare e giustificare il mancato raggiungimento dei ricavi estimati dallo studio di settore si avesse solo attraverso un estenuante contenzioso, si è suggerita ed ottenuta, la possibilità di confrontarsi con gli uffici dell’attuale Agenzia delle entrate prima dell’instaurazione del contenzioso, cioè creando quella fase meglio nota come contraddittorio, prima assolutamente eventuale, ed in ogni caso, utilizzata in modo residuale dall’amministrazione finanziaria.

 

Occorre, pertanto,  ribadire che gli studi di settore, ovviamente opportunamente adeguati ed applicati nell’ambito di un contraddittorio efficace ed efficiente (per quanto riguarda le dimostrate inefficienze attuali del contraddittorio vedi paragrafo successivo), costituiscono una protezione per i contribuenti rispetto ad altri metodi di accertamento aventi la medesima forza probatoria.

 

Si consideri, solamente, che secondo dichiarazioni ufficiali dell’Agenzia delle Entrate, l’attività di accertamento su soggetti del mondo degli studi di settore con riferimento all’anno 2007 è quella riportata nella tabella seguente.

 

Tabella 1 - Attività di accertamento contribuenti facenti parte del mondo degli sudi di settore anno 2007[3]

 

Tipologia controlli

Numero controlli

Importi accertati

Importo mediamente accertato

Inviti al contraddittorio studi di settore

40.000

€ 142.000.000

€ 3.550

Altre tipologie di controllo induttive

44.000

€ 1.850.000.000

€ 42.045

 

E’ evidente, dalla tabella che gli accertamenti effettuati attraverso le altre metodologia di controllo, pressoché uguali per numero, conducono ad una imposta accertata sicuramente pari o più di undici volte più alta. E’ evidente, peraltro, che proprio considerati gli importi degli accertamenti diversi dagli studi di settore, il ricorso al contenzioso è sicuramente più probabile.

Ed è proprio conoscendo questa sproporzione che si è suggerita l’introduzione della disposizione che vincola l’amministrazione finanziaria all’uso degli studi di settore in fase di accertamento (cfr. art. 10, comma 4-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146). A partire dai controlli effettuati sull’anno 2006, infatti, tra gli accertamenti a mezzo studi di settore e le altre forme di accertamento c.d.. «analitico induttivo» è stata fissata una regola di priorità molto importante: la regola prevede in primo luogo una soglia del 40% dei ricavi dichiarati, entro la quale non è possibile effettuare altri metodi di accertamento induttivi che, tuttavia, non può mai eccedere i 50.000 euro. In secondo luogo, si afferma che, ad ogni modo, in assenza di una contestazione dei dati comunicati nella dichiarazione annuale, gli Uffici per superare l’accertamento a mezzo degli studi di settore devono indicare nell’avviso di accertamento «le ragioni che inducono l’Ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente».([4]) (cfr Com. Trib. 19.12.2006 n. 71. § 3 e Com. trib. 18.01.2007, n. 9)   

E’ evidente che la disposizione prima di avere un contenuto tecnico, fissa e mette in evidenza un principio molto importante: gli studi di settore - come metodo di accertamento - devono essere visti come uno strumento da mettere in primo piano rispetto agli altri metodi induttivi di accertamento costruiti dall’amministrazione finanziaria senza metodi scientifici e, per di più, senza il confronto con le categorie interessate. In altre parole, la norma mette sullo stesso piano amministrazione finanziaria e contribuenti. Infatti, così come il contribuente deve indicare i motivi che non gli hanno consentito di raggiungere il ricavi stimati dagli studi di settore, anche l’amministrazione finanziaria deve motivare perché abbandona gli studi di settore in  favore di altri metodi di accertamento induttivi di pari forza probatoria a livello normativo, ma con una pretesa in termini di ricavi più alta.

Si consideri, da ultimo, che il notevole incremento della trasmissione telematica dei dati finalizzati ai controlli incrociati, nei prossimi anni comporterà una più facile ed agile effettuazione dei controlli su base induttiva. In tal senso si consideri solamente il caso dell’obbligo di comunicazione delle banche dei rapporti intrattenuti con la propria clientela, le comunicazione delle compagnie di assicurazione ovvero delle agenzie di intermediazione ovvero delle compagne di erogazione di energia. Si tratta di metodi di accertamento inquadrati nella discrezionalità amministrativa dell’amministrazione pubblica, nel far rispettare le disposizioni tributarie, nelle quali le categorie non possono entrare. Partendo proprio da questi elementi si è pensato di introdurre un metodo di stima dei ricavi uniforme su tutto il territorio nazionale e che preveda obbligatoriamente una fase di confronto prima dell’instaurazione di un contenzioso.

 

3. La mancata congruità agli studi di settore, come mero punto di partenza per la selezione e verifica: la centralità di un contraddittorio tuttavia ancora inefficiente.

Nella sostanza, gli studi di settore devono essere considerati quale strumento di valutazione aziendale a contenuto prettamente matematico statistico sofisticato che introduce due momenti di confronto delle categorie e dei singoli contribuenti con l’Agenzia delle Entrate, cioè momenti c.d. di «compliance». Un primo momento, nella fase di costruzione dello studio di settore: nelle riunioni in cui si costruisce lo studio di settore ove partecipano gli imprenditori delle categorie. Un secondo momento, nella fase di applicazione dello studio di settore come strumento di accertamento: in sede di contraddittorio con l’ufficio in cui il contribuente ha la facoltà di dimostrare i motivi che lo hanno portato a non raggiungere il risultato di congruità stimato, ossia il contraddittorio.

E’ da tutti affermato e condiviso, che l’adeguamento ai ricavi emergenti dagli studi di settore non costituisce assolutamente un fatto automatico, ma un fatto eventuale, dovuto solamente nelle ipotesi in cui il contribuente si riconosca nei ricavi stimati. A conferma di quanto indicato, oltre alla stessa Circolare 23 gennaio 2008, n. 5/E ed i documenti che segnano il percorso di revisione degli studi di settore (relazione della commissione esperi del 6 novembre 2008, il comunicato stampa congiunto dell’incontro con il direttore dell’Agenzia delle entrate Attilio Befera del 12 febbraio 2009 ed i documenti della commissione esperti del 2 aprile 2009) si vedano anche i documenti di risposta dell’allora sottosegretario alle finanze Daniele Molgora, alle interpellanze parlamentari n. 2-00207 (cfr  Com. trib. 27.11.2008, n. 107) e n. 2-00330 (vedi risposta video dell’allora Sottosegretario alle finanze Daniele Molgora)

Infatti, da un paio d’anni a questa parte - dietro un pressante suggerimento delle categorie firmatarie di entrambi i protocolli sugli studi di settore del 1996 e del dicembre 2006, abbiamo segnali incoraggianti per i quali l’Agenzia delle entrate dimostra una concreta volontà di far decollare il contraddittorio sugli studi di settore. In questo senso vedi, in particolare, quanto indicato nella Circolare 23 gennaio 2008, n. 5/E (cfr Com. trib. 06.02.2008, n. 13) e nella più recente Circolare 09 aprile 2009 n. 13, § 2.3)([5]).

Fino ad ora, infatti, la prima fase della c.d. «compliance» ha raggiunto il suo obbiettivo. Esempio da ultimo è proprio il fatto che la revisione congiunturale degli studi di settore è partita proprio da li. Nelle riunioni preliminari alla validazione degli studi di settore effettuate con i tecnici della SOSE (società per gli studi di settore) si è effettivamente cercato di mettere in evidenza sia le evidenti incongruenze che possono emergere dall’esame degli esempi di applicazione, testati utilizzando il prototipo dello studio di settore in revisione,  sia quali sono i possibili motivi posti a giustificazione della mancata congruità dell’azienda testata.

Ci si rendeva conto sin da allora  che il secondo momento di «compliance», cioè quello del contraddittorio era difficile e doveva essere realizzato con il tempo, attraverso la costruzione di un retaggio storico incentrato sull’applicazione concreta degli studi di settore per mezzo di un approccio economico-aziendale. Da numerose e ripetute segnalazioni del territorio, si deve tuttavia affermare che il contraddittorio in questi anni non è mai decollato, in quanto proprio negli anni in cui si sarebbe iniziata la campagna di accertamenti sul 1998 (anno di entrata  in vigore di primi 45 studi di settore), cioè il 2002/2003 è anche entrata in vigore la stagione dei condoni fiscali (cfr legge n. 289/2002). I condoni fiscali coprivano, infatti, gli anni compresi dal 1997 al 2001, poi prorogati anche al 2002. Per il 2003 ed il 2004 si aspettava una seconda apertura che si è concretizzata nella sostanza attraverso il c.d. concordato preventivo biennale nel DL n. 269/2003 (ossia addirittura una sorta di condono preventivo).

Con quanto indicato nelle righe che precedono, non si vuole indicare che nei casi limitati in cui l’amministrazione finanziaria abbia effettuato accertamenti a mezzo studi di settore, non sia stata data ai contribuenti la facoltà di giustificare il mancato raggiungimento dei ricavi di congruità. Infatti l’instaurazione del contraddittorio in fase precontenziosa è stato riconosciuto da subito dall’amministrazione finanziaria anche nelle more della norma.

Quello che si rimprovera è una concreta difficoltà di valutare quale sia l’impatto di un determinato evento straordinario aziendale, non considerato dallo studio di settore, sui ricavi giudicati di congruità, ancorché rilevato nelle annuali circolari applicative emanate dall’Agenzia delle Entrate sugli studi di settore applicabili per l’anno d’imposta. Si tratta di valutare serenamente quale possa essere, ad esempio, l’impatto che ha avuto sui ricavi una ristrutturazione dei beni immobili per una parte rilevante dell’anno piuttosto che l’apertura di un grande supermercato nella zona in cui opera un piccolo alimentari ovvero, ancora, l’impatto sui ricavi di una vertenza sindacale che investe uno o più addetti dell’impresa, in termini di calo della produttività per addetto. E’ evidente, quindi, che al fine di garantire un efficiente ed efficace utilizzo dello strumento nei termini sopra indicati, occorra una preparazione non tanto in ambito tributario, ma piuttosto in ambito economico-aziendale., che non si è ancora realizzata.

Da quanto indicato, risulta evidente  che le numerose indicazioni operative rilasciate dall’Agenzia delle entrate nella prassi sopra meglio indicate e nei documenti ufficiali condivisi, devono avere un adeguato riscontro a livello locale.

E’ quindi sempre più importante avere tramite l’ausilio delle sedi territoriali, indicazioni in questo senso. E’ fondamentale conoscere se le modalità di procedura dell’Amministrazione Finanziaria a livello locale risultino adeguate - anche progressivamente - alla prassi amministrativa sopra evidenziata. Solo così è possibile intervenire di nuovo a livello centrale. In questo hanno un ruolo fondamentale anche gli Osservatori regionali degli studi di settore. Si ricorda, infatti, che nell’ambito degli osservatori regionali, è possibile anche proporre delle questioni relative alla gestione del contraddittorio da parte degli uffici periferici dell’Agenzia delle Entrate della Regione (cfr Com. trib. 05.12. 2007, n. 112).

 

4. L’impatto emotivo degli studi di settore rispetto al valore di congruità.

A prescindere da quanto sostenuto nei paragrafi precedenti, la mancata congruità agli studi di settore esprime comunque un giudizio sull’attività svolta dal contribuente, attribuendogli, un alone di sospetto evasore ovvero di un soggetto che non riesce a gestire l’azienda con la stessa efficacia con la quale i suoi diretti competitori gestiscono le loro. Questo per sostenere che a prescindere dall’evidenza che tra circa un milione di soggetti non in regola con gli studi di settore, sono selezionati per l’accertamento a mezzo studi di settore solamente una piccolissima parte (circa il 5%)[6] è evidente che la mancata congruità determina, comune, un fattore di angoscia per i contribuenti, a maggior ragione per i contribuenti in regola. Proprio per questo motivo si ritiene che gli studi di settore per rendersi applicabili, devono comunque avere un risultato di congruità più vicino possibile alla realtà economica del Paese.

L’interesse che si è ritenuto di proteggere con l’adeguamento congiunturale, non è, quindi, quello di ridurre la richiesta in termini di ricavi effettuata dagli studi di settore, per il semplice fatto che dagli studi di settore non emerge alcuna richiesta di ricavi, ma quello di evitare -  in tutti i modi - che dagli studi di settore emergano stime che siano lontane dalla realtà aziendale del momento creando ansia e preoccupazione negli imprenditori.

Questo è un elemento che deve essere salvaguardato e garantito specialmente nei periodi di crisi in cui la mancata realizzazione del valore aggiunto d’impresa è ascrivibile ad un fatto (crisi economico finanziaria globale) indipendente dalla capacità dell’imprenditore.

Ed è proprio per questo motivo che nel documento della commissione esperti del 2 aprile 2009, è stato suggerito dalla CNA che fossero indicati tre punti fondamentali:

-          che soltanto l’acquisizione delle dichiarazioni per l’esercizio 2008 consentirà una completa ed approfondita analisi tale da garantire agli studi di settore un significativo livello di rappresentatività. Questa rivisitazione sarà fatta nel 2010, in tempo utile per consentire all’Agenzia delle Entrate di disporre di uno strumento adeguato per le successive attività di selezione, controllo ed accertamento;

-          che in coerenza al pensiero espresso dall’Amministrazione finanziaria in diversi documenti di prassi e da ultimo nella circolare n. 5 del 2008 e nella Circolare n. 13/2009, si ribadisce la natura assolutamente non «catastizzante» degli Studi di settore rispetto ai ricavi o compensi da dichiarare.

-          in relazione ai periodi d’imposta 2008 e 2009 interessati da notevoli modifiche nel mercato provocate dalla crisi, il risultato degli studi di settore sia accompagnato in sede di accertamento anche da altri elementi in grado di rafforzare ulteriormente la pretesa tributaria e segnalata all’Agenzia l’opportunità di adottare particolare prudenza nelle situazioni in cui gli scostamenti saranno di lieve entità.

Da ultimo si ritiene opportuno ribadire che il  vero valore degli studi di settore deve essere individuato nella possibilità delle associazioni delle PMI di intervenire direttamente negli accertamenti induttivi delle piccole imprese imponendo la costruzione di un metodo uniforme di accertamento su tutto il territorio nazionale e dal conseguente allontanamento di accertamenti erratici e non sempre fondati fatti autonomamente dall’Amministrazione finanziaria.

Questa è solo l'ultima conferma delle potenzialità dello strumento gia viste nella crisi settoriale del TAC, degli indicatori di normalità economica, nella circolare 5 del 2008 dell’Agenzia delle entrate e nella ultima Circolare n. 13/2009, nel caso «mucca pazza» piuttosto che i correttivi carburante e acciaio che, da ultimo, hanno colto il c.d. «effetto Cina».

 

 

a cura di Claudio Carpentieri  - Ufficio Politiche Fiscali

 

(CC/cc/rev_studi settore)



[1] E’ bene sottolineare che due sedi (Piacenza ed Asti) sono state aggiunte in extremis nella giornata precedente al 22 aprile 2009.

[2] E’ vero, infatti, che la necessità di revisionare gli studi di settore già con riferimento al prossimo adempimento dichiarativo riferito all’anno 2008, era stata valutata in seno della riunione straordinaria della commissione esperti del 6 novembre 2008, indetta proprio in ragione delle testimonianze degli artigiani sugli effetti della crisi, rilasciate in occasione dell’attività di revisione ordinaria degli studi di settore.

[3] Dichiarazione del Direttore centrale Accertamento dell’Agenzia delle entrate Luigi Magistero, il sole 24 ore del 12 novembre 2008, pag. 33

[4] E’ vero, quindi, che l’ammontare di ricavi stimato dagli studi di settore può essere anche superato, ma solamente qualora sia dimostrabile e dimostrato nello stesso accertamento in rettifica del reddito che sussistano degli obiettivi elementi di riscontro posti alla base di una convincente ricostruzione dei ricavi, che smentisce la fondatezza dei ricavi stimati dagli studi di settore([5]). In altre parole lo studio di settore può essere superato da altre forme di ricostruzione induttiva dei ricavi solamente nelle ipotesi in cui si riesca a dimostrare che nel caso specifico lo studio di settore “fallisce”([6]). Si tratta, in sostanza, di applicare in senso inverso, cioè dal lato dell’Amministrazione finanziaria, il principio che consente ai contribuenti di non adeguarsi al volume di ricavi stimato quando ritengono che lo studio di settore fallisca nella ricostruzione dei ricavi in relazione al proprio caso specifico. In entrambi i casi il tutto è rimandato alla credibilità e logicità delle argomentazioni addotte dal contribuente o dall’Ufficio per dimostrare che il volume di ricavi stimato dallo studio di settore, con riferimento al caso specifico risulta non conferente perché troppo alto (per il contribuente) ovvero troppo basso (per l’Ufficio).

 

[5] Per quanto riguarda la valenza probatoria degli studi di settore, vedi anche quanto indicato nell’Approfondimento .27 marzo 2008 n. 3.

[6] E’ bene ricordare che la selezione avviene sulla più o meno probbabilità di evasione del soggetto non congruo sulla base dei criteri selettivi indicati da ultimo nella Circ. Ag. 9 aprile 2009 n. 13, § 2.3.